La legge 13/2007 del 6 febbraio 2007 recepisce la Direttiva Comunitaria 2004/39/CE detta MIFID (Market In Financial Instruments Directive) che istituisce la figura professionale del consulente finanziario indipendente.
L’art. 10, comma c, della Legge 13/2007 prevede che “l’esercizio nei confronti del pubblico, a titolo professionale, dei servizi e delle attività di investimento sia riservato alle banche ed ai soggetti abilitati costituiti in forma di società per azioni nonché, limitatamente al servizio di consulenza in materia di investimenti, alle persone fisiche in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, sentite la Banca d’Italia e la Consob. …”.
Il consulente finanziario indipendente è un soggetto abilitato che a titolo oneroso svolge un’attività di consulenza verso terzi, direttamente o anche attraverso pubblicazioni o comunicazioni, in materia di strumenti finanziari ovvero circa il valore e/o l’andamento di strumenti finanziari e/o l’opportunità di investimento, acquisto o vendita degli stessi e/o su base continuativa produce o promulga analisi o report riferentisi agli strumenti finanziari.
La Consob ha dato una definizione dell’attività di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari. Essa consiste nel “fornire al cliente indicazioni utili per effettuare scelte di investimento e nel consigliare le operazioni più adeguate in relazione alla situazione economica ed agli obiettivi del cliente stesso”. Essa si caratterizza quindi per:
° l’esistenza di un rapporto bilaterale e personalizzato fra il consulente ed il cliente, fondato sulla conoscenza degli obiettivi di investimento e della situazione finanziaria del cliente stesso, cosi ché le indicazioni siano elaborate in considerazione della situazione individuale dello specifico investitore,
° la posizione di strutturale indipendenza del consulente rispetto agli investimenti consigliati,
° l’inesistenza di limiti predeterminati in capo al consulente circa gli investimenti da consigliare,
° la circostanza che l’unica remunerazione percepita dal consulente sia quella ad esso pagata dal cliente, perché il servizio è prestato unicamente nel suo interesse.
Il compenso per la prestazione professionale del consulente finanziario è assimilabile all’onorario di un avvocato (consulente legale) o di un commercialista (consulente fiscale e amministrativo).
Il consulente finanziario non opera su mandato di alcun intermediario e non è legato alla vendita di prodotti, quindi non percepisce provvigioni o commissioni di alcun genere da banche, sim, sgr o compagnie di assicurazione.
La reale e totale assenza di conflitti d’interesse permette al consulente finanziario di agire in modo imparziale e trasparente, il solo modo per rispondere concretamente alle aspettative del cliente. Essa permette di dare consigli in piena coscienza e consapevolezza.
La figura del consulente finanziario si adatta perfettamente all’evoluzione nelle esigenze dei risparmiatori, i quali esprimono il bisogno sempre più marcato di una consulenza di qualità e sono disposti a pagare una commissione per averla.
Si tratta di una figura-chiave nell’ambito del wealth management di tradizione anglosassone, che impone il superamento del tradizionale conflitto d’interessi, inevitabile in un Paese come l’Italia, in cui il risparmio gestito è dominato dai grandi gruppi bancari, a differenza di quanto accade nei paesi anglosassoni, nei quali il rapporto di forza è a favore dei consulenti finanziari indipendenti.